Pietro Someda de Marco, amore per la terra natale

Pietro Someda de Marco nacque a Mereto di Tomba il 14 novembre 1891. Si laureò in Giurisprudenza nel 1917 e ricoprì l’incarico di notaio prima a Clauzetto e poi a Udine. Dal 1927 al 1947 esercitò il ruolo di podestà del Comune di Mereto di Tomba. Al di là e oltre ai meriti personali e politici, dovuti ad un’instancabile affetto per il proprio comune e per i paesani, la figura di Pietro Someda de Marco è soprattutto permeata di cultura e di passione per la ricerca storica.
Fu socio fondatore della Società Filologica Friulana, e socio dell’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Udine, dell’Accademia Latinati excolendae Artium et Litterarum di Roma e dell’Ateneo Veneto di Venezia. Dal 1952 fu deputato di Storia Patria per il Friuli.
Pubblicò più di 90 lavori, tra saggistica e letteratura. Buona parte della sua attività letteraria riguarda le composizioni poetiche in friulano, quali quelle raccolte in “Il mio zardin” del 1926, “Soreli a mont” del 1959 e “Su l’ale dal timp” del 1969.
Notevole rimane il lavoro di storico scrupoloso e puntuale, come la famosa e fondamentale monografia sui medici e la medicina in Friuli del 1963, e la storia del notariato e dei notai della sua terra del 1958. Appassionato di storia e di riscoperta di conterranei distintisi dal punto di vista culturale, si dedicò anche allo studio e alla composizione di monografie fondamentali sulla famiglia Bertoli, su don Fabio Simonutti con cui intrattenne rapporti amichevoli, e su personalità storiche di cui riuscì a dare un ritratto obiettivo ed accurato.
L’interesse per l’arte (famose le biografie su Pietro Zorutti, Giuseppe Buzzi e Domenico Someda) e l’operosità che dedicò alla divulgazione, gli valsero il premio della Legion d’Oro da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
L’amore per la Storia e per la sua terra natale trapela anche dalla monografia “Mereto di Tomba nella storia e nell’arte”, trattato tutt’ora basilare per l’approccio sistematico all’argomento. La vita quotidiana a contatto con i suoi paesani lo ispirò per alcune delle sue famose farse (quali “La buteghe dal barbîr” e “L’avocat e la lujanie”) e racconti (come quelli raccolti in “Sul troi de vite”), venati di affettuoso umorismo ed ironia per la realtà paesana con cui era a contatto.
Morì il 20 dicembre 1970.
Da “Il cjant de partenze”, Pietro Someda de Marco
“Jé tant grivie cheste strade,
Un moment ferme il motôr
Che jò sinti dai miei cjamps
Ancje un pôc il lôr calôr,
Il miò pas non é sigûr
Di partî no mi par vere
E tes lagrimis dai vôi
Li stamp fermi de mê tiere”