Concetta Bertoli, in cammino verso la beatificazione

Ogni volta che la storia di una persona giunge al bivio con Dio risuona un "si " : come Abramo, i profeti, Gesù, la Madonna...Concetta. ..Quel "si" compromette la vita con l'Assoluto. C’è un "si" in ogni scelta di amore profondo, autentico, coinvolgente.
C'è il "si" che suggella il legame sponsale di un uomo e una donna. Dal "si" cresce la vocazione sacerdotale o religiosa."Si" e la risposta di chi lascia plasmare la propria esistenza dalle mani sapienti del Creatore. Ogni "si" personale e un raddrizzare la rotta che porta nella direzione giusta la vita per essere se stessi, nella realizzazione della propria vocazione, nella speranza e nella gioia.
Quando il "si" dell'uomo coincide con il "si" di Dio nascono cose stupende. Spariscono il conformismo, l'immagine, la paura, la rassegnazione.
Il "si" di Concetta è la realtà disarmante della profezia cristiana. Lei non ha tirato i remi in barca, non ha rinunciato alla responsabilità. Ha preso la sua vita in mano e ha abbracciato, giorno per giorno, con sollecitudine le attese, le angosce, i desideri, i problemi degli altri. Il "si" di Concetta è stato un "si" libero,forte,esigente, sofferente, crocifiggente; E ha sperimentato la consolazione nella prova. Non si è mai sentita abbandonata dall'amore di Dio.
In questo incontro cerchiamo di conoscere "la scatola nera" della Venerabile Concetta. L' obiettivo della causa di beatificazione è proporre una figlia della Chiesa, fedele laica, come modello alle persone di umile condizione e provate dalla sofferenza.
Il mondo ritiene il dolore inutile e da aborrire; per la fede, e Concetta lo testimonia, è salvezza e gioia. Lei ci offre un esempio ed un richiamo mirabile, specialmente agli uomini di oggi, piuttosto dominati dalla frenesia del benessere e del piacere, a considerare l'importanza che nella vita umana occupa la sofferenza e la necessità di saper dare un senso al mistero del dolore.
La vita di Concetta si riassume nella preghiera e nell'offerta. Ripercorrendo i Misteri del Rosario, ha appreso il valore della sofferenza e la grazia della sofferenza. Per Lei la sofferenza è dono.
All'inizio della malattia (artrite nervosa deformante poliarticolare reumatica) soffriva molto e dato il suo carattere esuberante, la prima reazione fu di ribellione e di disperazione, tanto da desiderare la morte...Poi lentamente si rassegnò e giunse ad accettare la croce della sua infermità come un atto di amore di Dio a cui rispose con una oblazione amorosa.(Questo anche per la collaborazione del suo Padre Spirituale: il parroco).
A Lourdes (1938) non chiede la guarigione, ma la grazia della rassegnazione e di poter ricevere la Comunione, poiché aveva le mandibole serrate.
I familiari non le volevano male, ma con lei erano avari: per qualcuno Concetta era un peso. Prima delle dieci del mattino non visitavano l'inferma tormentata da topi, mosche, zanzare e pidocchi. Lei era sempre grata di ciò che riceveva.
Il 24 dicembre 1949, nel 25° della malattia, disse al Signore il suo Magnificat e rinnovò il Fiat di accettazione alla croce.
Nel 1950,rimasta cieca, ha riconosciuto in questo "una grande grazia del Signore". Nel 1951, a Loreto, con l'UNITALSI, chiese alla Madonna di lasciarle l'udito. Ma in quella circostanza poté vedere la S. Casa, descrivendo quello che aveva visto: tutto corrispondeva a verità.
Nel marzo del 1956 fu colpita anche da una broncopolmonite e morì l'11 marzo, consumata dal male.
Ridotta a pelle e ossa, come le rappresentazioni bizantine del Cristo, sembra non pesasse più di 20 chili.
Eroicità delle virtù. Per rendersi conto del cammino spirituale di Concetta e del miracolo operato dalla Grazia nella sua vita, basta considerare il suo carattere e riflettere sul punto di partenza e su quello di arrivo: contrasto tra la sua vitalità di spirito e lo sfacelo del suo corpo. Da una reazione di ribellione e di disperazione, passa all'accettazione totale e gioiosa del suo posto di dolore e di sofferenza nel desiderio di santificarsi e di cooperare alla salvezza delle anime.
Il "non voglio" scompare e fa spazio al Fiat e al Magnificat. Questa trasformazione di Concetta è maturata sul letto. Se in principio non poteva rassegnarsi e sudò sangue per arrivare alla rassegnazione, giunse poi all'accettazione della sofferenza come missione e alla serenità gioiosa, attingendo dall'Eucaristia forza per vivere, soffrire ed offrire.
Nel 25° della malattia (a 41 anni) comprendendo la fecondità della Croce e della sua vocazione, si dichiarò: la missionaria del dolore e si offre vittima per i sacerdoti, i missionari e i peccatori.
La sua carità si traduceva in offerta per fini spirituali: interessamento e vera partecipazione alla vita di chi l'avvicinava, consiglio per chi ne necessitava, comprensione e perdono per i familiari che la trascuravano o l'offendevano.
Pregava con fervore e perseveranza nonostante le difficoltà, quando il diavolo la tentava di non pregare. Ogni sera recitava il S. Rosario. La sapienza di Concetta è maturata lentamente nella solitudine, con la preghiera e la meditazione, senza alcun libro. Il suo segreto era l'amore che nasce dalla fede, cioè, il vedere tutto e tutti alla luce di Dio e da questo punto di riferimento sapeva sciogliere ogni difficoltà e dissipare ogni amarezza.
Nella sua semplicità aveva capito che solo amando si arriva al cuore degli uomini. Generalmente, nella malattia, la persona tende a isolarsi, a chiudersi nella solitudine. Per Concetta fu proprio l'opposto: si interessava delle fortune e delle disgrazie della gente. Vi si coinvolgeva spiritualmente.
Ha vissuto l'umiltà non come chi sente di donare, ma come chi fa il suo dovere, frutto di distacco, di carità, del suo amore per Gesù. Ridimensionava la sua sofferenza con lo sguardo al Crocifisso: "Sono come Lui, ma in posizione differente, sono come una Z, quindi l'ultima.
Per sè non desiderava nulla, non aveva alcuna pretesa. Era contenta di tutto. Soffriva volentieri il caldo, il freddo, la sete, i forti languori di stomaco per mancanza di nutrimento, pensando sempre alle sofferenze di Gesù e al premio eterno.
Nell'ultima lettera che dettò, del 09.01.1955, un anno prima della morte, ci lascia in pratica il suo testamento spirituale: "La vera felicità si sente e si prova solamente facendo del bene e stando unite a quel Gesù che tutto ha dato e sacrificato per noi... il suo (di Gesù) Sacratissimo Cuore ha bisogno di anime piene di spirito di sacrificio per riparare tanti oltraggi...".
Quando la Serva di Dio dice "sto così bene nel mio lettuccio", sapendo di non poter fisicamente far nulla e di dipendere in tutto dagli altri; quando ringrazia il Signore per tutto quanto le ha dato; quando considera atto di amore un letto ed una camera per tanti anni; atto di amore le sofferenze fisiche e morali da non dire; atto di amore il suo corpo deformato, il progressivo perdere, spegnersi di tutte le facoltà...quando vive e soffre questo atto di amore con forza, serenità, quasi con gioia, bisogna riconoscere che ha raggiunto veramente l'eroismo.
Dalla grazia della rassegnazione al dono di sè. Concetta diventa cosciente di essere stata scelta nel posto del dolore e di poter così cooperare alla salvezza, delle anime. Ritiene una grazia il soffrire per Cristo. Soffrire con il Signore è soffrire per il Signore...L'amore verso Dio si riversa verso il prossimo, prima di tutto verso i parenti che ha trattato con tanto amore, senza lamentarsi mai se non riuscivano alle volte ad assisterla adeguatamente.
Tutti accorrevano a Concetta come alla Croce di Cristo, segno di attrazione per tutti gli uomini.
I santi ci fanno riflettere sull'uomo, sul suo andare nel mondo, sul fine della vita stessa. Se noi ci interroghiamo su noi stessi e sugli altri, sul mondo crudele che ci circonda, la figura di Concetta si impone in tutta la sua statura morale di intransigenza, di fedeltà alla Chiesa, al Vangelo: ha dato una testimonianza grandissima di fede.
Concetta non ha avuto paura a portare avanti la croce di Cristo per raggiungere la terra promessa da Gesù, sul Golgota. Ha scoperto il dramma del Crocifisso e da lì è nata l'amicizia con il Cristo. Se il dono più grande che Dio ha fatto a noi è suo Figlio immolato sulla croce, la risposta per spendere la vita da parte nostra e di accoglierlo; entrando in amicizia con Lui, come ha fatto Concetta.
La vita del cristiano non è solo la sequela e la dedizione a Cristo, ma comunione di vita con Lui, è essere uno-con-Gesù, diventare un altro-Gesù.
Concetta è diventata un altro Cristo, con la grazia, meritata da Lui sulla Croce, alimentata da Lui mediante i sacramenti, scaturiti dalla Croce e che uniscono al suo sacrificio.
Concetta, con S. Paolo (GaI 2,20) ha potuto affermare, con il suo modo di vivere, "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me". In lei ha vissuto il Cristo offerto al Padre, il Cristo offerto in sacrificio d'amore. In lei Cristo ha pregato, in lei Gesù ha amato, ha servito, si è rivelato a tanti che per svariati motivi andavano a trovarla.
(Il parroco di Mereto di Tomba Don Giovanni Boz)